Lettere di guerra piene d’amore…

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[Articolo di Silvia lodi Pasini] – MORIMONDO, 17 Febbraio 2016 – Parlar d’amore in guerra. Sono lettere che vanno dritto al cuore quelle dei giovani soldati italiani che hanno combattuto la Prima Guerra Mondiale, mercoledì sera (17 febbraio) rievocata nel corso della serata che il Rotary club Morimondo Abbazia del presidente Giuseppe Resnati, con fondamentale contributo del past president Ambrogio Locatelli (bersagliere, ufficiale del CIOR della Nato), ha organizzato per celebrare l’anniversario dello scoppio del primo conflitto bellico. Relatore della serata la storica pavese Paola Chiesa, 36 anni, che da 11 anni si dedica con passione alla ricerca delle lettere scritte al fronte dai militari in guerra, da cui ha tratto materiale per scrivere una ventina di libri, guadagnandosi altresì l’invito dello Stato Maggiore dell’Esercito ad andare in Afghanistan al fianco dei soldati italiani in missione.  La ricercatrice ha spiegato come la sua passione per le lettere di guerra le sia nata quando in quinta elementare ha trovato quelle che suo nonno scriveva dal fronte Albanese a sua nonna. L’emotività del linguaggio usato dagli uomini al fronte è commovente, così come l’analisi dei contenuti fa scoprire lo stile di vita, la cultura, ma soprattutto i valori del Popolo Italiano di allora. A farli rivivere e conoscere sono le lettere di quegli uomini pronti a morire per la Patria, che nelle lettere che Paola Chiesa ritrova nei loro Fogli Matricolari conservati nell’Archivio Militare esprimono Amore in tutte le sue forme. Amore per la fidanzata, per la moglie e per i figli nati e neppure mai visti, per la mamma, ma non solo. Nelle loro lettere, infatti, traspare un profondo amore anche per il proprio paese e per tutta la comunità, persino per i vicini di casa che vivevano nella stessa corte.  “In tutti i soldati c’era la paura di non ricevere lettere e ai familiari chiedevano sempre foto – ha spiegato la ricercatrice -. La maggior parte di loro era analfabeta e per scrivere a casa si rivolgeva al cappellano militare, che per loro era una sorta di madre-confidente. Le lettere inviate alla mamma erano sempre rassicuranti, mentre quelle al papà o al prevosto erano più realistiche e confidenziali. Oggi il modo di comunicare è molto cambiato. Come ho appurato in Afghanistan tutto si esprime sinteticamente in un sms”. Nella prima guerra mondiale, invece, i soldati che scrivevano a casa raggiungevano vette poetiche nel descrivere la realtà che li circondava. Come il soldato Aliverti Guido, classe 1889, che nel 1916, un mese prima di morire, mentre montava la guardia di notte in trincea riusciva a scrivere parole bellissime ai suoi, descrivendo un cielo stellato quasi rassicurante se confrontato con lo stato d’animo di chi aveva coscienza di poter morire da un momento all’altro. “Non bisogna interrompere la comune memoria storica – dice la studiosa -. I giovani di oggi si disinteressano all’Amor di Patria. Gli studenti delle medie si interessano alle lettere di guerra solo se le hanno fisicamente davanti, mentre quelli di quinta superiore non credono a quello che leggono, pensano che i soldati si inventassero tutto. Eppure le lettere ci fanno capire come vivessero ed è bello vedere l’emozione di chi riceve le Croci al Merito di Guerra, che spettano a tutti coloro che sono stati al fronte per un certo numero di giorni. Anche queste cose servono a non dimenticare. E soprattutto è importante sapere che i nostri soldati sono lo specchio migliore dell’Italia all’estero”.

Silvia Lodi Pasini

XX (1) PAOLA CHIESA ROTARY

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